\paperw9000 \margr0\margl0 \plain \fs20 \f1 \fs24 Nelle cittα italiane si era compiuta, dalla pace di Costanza in poi, una profonda trasformazione. Il comune, retto da unÆamminis
trazione sempre pi∙ articolata, tendeva a espandersi non pi∙ soltanto nel contado, ma anche nella pi∙ vasta regione circostante. Gli ultimi residui sociali, patrimoniali e giurisdizionali del regime feudale erano stati spazzati via; tutti i cittadini dip
endevano ormai esclusivamente dallÆautoritα affermatasi nella cittα. LÆevoluzione sociale ed economica aveva prodotto una pi∙ netta contrapposizione di ceti e promosso un attivo e differenziato processo associativo. Alle associazioni degli aristocratici,
le ôconsorterieö, si contrapponevano quelle dei mercanti, con propri magistrati e consoli che si affiancavano, quando addirittura non si contrapponevano, ai consoli del comune. Sulla base di queste associazioni contrapposte, pi∙ aspra e accesa si svolge
va la lotta politica per il potere. I contrasti interni si rispecchiavano negli opposti aggruppamenti in cui le cittα, nonostante il loro individualismo, si raccoglievano, per meglio difendersi dai nemici interni ed esterni; le loro denominazioni di ôgue
lfiö e ôghibelliniö, pur derivando dalle lotte dinastiche combattute di recente in Germania, assumevano, trasferite in Italia, un significato diverso: esse trasfiguravano contese strettamente locali, esprimevano rivalitα economiche e politiche tra cittα
confinanti, pur contrassegnando spesso la prima le forze popolari e pi∙ favorevoli al papa, la seconda le forze aristocratiche e pi∙ vicine allÆimperatore. Proprio per effetto della maggiore asprezza della lotta politica, la stessa costituzione dei comun
i si era evoluta. Al posto dei consoli e dei podestα indigeni era subentrato il podestα di origine forestiera, che dava una maggiore garanzia di amministrazione equa e imparziale, al di sopra delle violente fazioni. Nel podestα, le cui attribuzioni varia
no da luogo a luogo e per durata e per ampiezza, sÆintravede giα la volontα di creare una forma di governo sottratta agli urti e alle ripercussioni della lotta fra gli opposti partiti politici. Nelle sue funzioni, sempre pi∙ incisive, si pu≥ scorgere tal
volta lÆanticipazione del signore che ben presto trasformerα in signoria il comune.\par
╚ su questa fluida situazione che cadono lÆazione di Federico II e il suo proposito di ricondurre le cittα autonome del Settentrione sotto lÆautoritα regia e imperia
le. Le sue esitazioni nel dar seguito ai numerosi impegni contratti con il papa per essere riconosciuto nei suoi diritti ereditari a Palermo e in Germania, fra cui la crociata, inasprirono la Santa Sede. Mentre egli era in Terrasanta a trattare un accord
o con il sultano, il regno di Sicilia fu invaso. Ma Federico fu pronto a respingere lÆattacco e riusc∞ con tutti i mezzi ad assicurarsi il pieno, esclusivo controllo del regno meridionale. Le costituzioni di Melfi (1231) furono il suggello di una lunga e
minuziosa riorganizzazione che assicurava il pi∙ efficiente accentramento del potere regio. Quindi la lotta, che si era trascinata subdola e incerta sia contro i comuni, sia contro la Chiesa, esplose in tutta la sua violenza. I comuni avevano, bens∞, ri
costituito la Lega lombarda, ma questa non era pi∙ compatta come una volta. Ci furono molte defezioni di cittα, che per ragioni particolari, o per rivalitα contro cittα vicine, o per essere governate da consorterie aristocratiche filoimperiali, parteggia
vano per lÆimperatore, proclamandosi ghibelline. Federico II, inoltre, poteva contare sullÆappoggio di potenti signori della Valle Padana, come Oberto Pelavicino ed Ezzelino da Romano, i quali erano a capo, sotto titoli diversi, di un buon numero di citt
α. Ma i comuni, non piegati da una sconfitta, avevano risorse quasi inesauribili da gettare nella battaglia, mentre le forze di Federico II si assottigliavano e si logoravano. Sorsero altres∞ complicazioni in Germania, dove proprio un suo figlio, Enrico,
si ribell≥.\par
Il papato, irriducibile, gett≥ nella difesa della sua indipendenza politica e religiosa ogni sua arma, temporale e spirituale. Alla pubblicistica curialista Federico contrappose quella regalista. Chiesa e Impero davano cos∞ una pi∙ prec
isa formulazione dottrinaria alle rispettive tesi: il primato dellÆimperatore si richiamava ai principi del diritto romano, mentre la supremazia del papa era proclamata non pi∙ su titoli storici, ma risolutamente sullÆorigine divina della Chiesa, che, pe
rci≥, considerava ogni altra autoritα terrena come necessaria conseguenza del suo potere spirituale.\par
Il processo dottrinale attraverso il quale il papato, specie dopo Innocenzo III, formul≥ la teoria ierocratica prima e teocratica poi non deve esser
e inteso come perseguimento coerente di un programma o come necessaria conseguenza dellÆelaborazione sempre pi∙ serrata della canonistica da parte dei commentatori del \i Decretum\i0 di Graziano (metα circa del secolo 12░), i decretisti, appunto, ma com
e dilatarsi e articolarsi della semantica delle formule ecclesiologiche tradizionali. Cos∞ al consueto titolo papale di ôsuccessor Petriö, ôvicarius Petriö subentr≥ quello molto pi∙ pregnante di possibili coinvolgimenti potestativi e giurisdizionali di ô
vicarius Christiö. Il primato del ôvicario di Cristoö, dÆaltra parte, era il primato della ôregalitα di Cristoö, nettamente superiore a ogni regalitα terrena. LÆorigine autonoma del potere secolare non era, perci≥, messa in causa: ma a cagione del diritt
o-dovere del papa di intervenire \i ratione peccati, certis inspectis causis\i0 (peccati e casi da valutarsi peraltro dallo stesso pontefice romano) la giurisdizione papale anche sul temporale era giudicata del tutto legittima. LÆ\i auctoritas\i0 del p
apa, cos∞, fin∞ collÆinterporsi tra Dio e imperatore dando luogo a tutta una simbologia potestativa tratta dalla Scrittura (\i duo luminaria\i0 , \i duo gladii\i0 , Levi e Giuda, ecc.) che fu proprio quella che nella \i Monarchia\i0 Dante avrebbe, con o
riginalitα assoluta di approccio, contestato agli inizi del secolo 14░, allorchΘ i presupposti teorici della monarchia papale avrebbero trovato la pi∙ assoluta formulazione durante il pontificato di Bonifacio VIII.\par
Sconfitte militari, defezioni di a
mici e di alleati, sciagure familiari finirono col piegare Federico II, che, morendo, lasciava logorata ed esausta lÆeconomia del regno di Sicilia, prostrata lÆautoritα imperiale. Con la scomparsa di Federico II, le due parti dellÆItalia si andarono diff
erenziando sempre pi∙ profondamente. Il Settentrione procedette nella sua evoluzione, mentre il Mezzogiorno si pieg≥ sotto lÆamministrazione regia che, se rappacific≥ politicamente il paese, mantenne per≥ in piedi la vecchia struttura sociale ed economic
a. Di qui la decadenza di queste province, non alimentate da una borghesia attiva e intraprendente, ma compresse dallÆinerzia della grande proprietα fondiaria della seconda metα del Duecento.
